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Montegiove: Madonna di Lourdes

La Cappella della Madonna di Lourdes sorge sul Pian di Borgone, ed è stata recentemente restaurata.

Essa fu eretta da un’infermiera di nome Leonilde Frascarelli, nativa di Montegiove, nel 1884.

Reliquie e riconoscimenti riportati dall’infermiera nelle sue peregrinazioni tappezzano le pareti interne; sul fondale dell’abside si erge la statua della Vergine di Lourdes, all’interno di una grotta realizzata con piccole rocce raccolte nei torrenti circostanti.

Poggio della Croce

Nel 1987 dopo una scoperta archeologica alcuni giovani di Montegabbione segnalarono la zona del Poggio della Croce.

Il Poggio della Croce è un rilievo collinare tra Castel di Fiori e Montegiove, gli scavi effettuati sulla sommità orientale hanno portato alla luce alcune tombe di pietra costruite da lastroni posti sia verticalmente a formare le pareti, sia orizzontalmente per il fondo e la copertura.

Finora sono state indagate soltanto tre tombe: una di esse conteneva un solo scheletro umano, un’altra quattro, la terza ben nove individui fra i quali alcuni bambini. Esse sono circondate da un recinto funerario, all’origine coperto con laterizi, la cui soglia ed i gradini di accesso sono tuttora visibili.

I reperti più interessanti trovati nella necropoli sono: cinque monetine bronzee piuttosto deteriorate a corredo della prima tomba; nella seconda sono stati rinvenuti frammenti di un’olla in ceramica grezza grigiastra con relativo coperchio ed una lucerna frantumata con disco decorato a petali e croce sul beccuccio, che fa datare questi reperti al V e VI sec. d.C.; nella terza tomba sono venuti alla luce un orecchino bronzeo ad anello, delle monetine e frammenti di lucerna simili alle precedenti.

 

A poca distanza dalla necropoli, sulla vetta occidentale del poggio vi è un ampio recinto circolare formato da pietre classificato come castelliere utilizzato già dall’età del bronzo. Ci sono altri castellieri nel territorio di Montegabbione in collegamento visivo tra loro: in particolare quelli della Torricella (Piazzone) a Montegabbione, di Poggio Murale preso Montegiove e del citato Poggio della Croce.

 

 

I castellieri erano recinti fortificati, che sorgevano in genere in cima alle colline ed erano distribuiti a catena in modo tale da controllare vaste zone e da dominare le vie di comunicazione. I castellieri più conosciuti e studiati si trovano nel nord Italia e possono risalire, secondo alcuni esperti, alla fine dell’Età del Bronzo o della prima Età del Ferro, comunque non oltre l’epoca protostorica.

I recinti fortificati potrebbero essere stati abbandonati dagli uomini primitivi quando il miglioramento delle condizioni ambientali e l’evoluzione della pastorizia verso l’agricoltura favorirono l’insediamento nelle pianure circostanti. Sui castellieri si tornò ad abitare nel periodo etrusco-romano e nell’alto medioevo per scopi soprattutto difensivi. Il recinto fortificato sul Poggio della Croce, l’unico indagato dalla Soprintendenza di quelli del territorio, appare come un enorme accumulo di pietre. Tuttavia la sua forma circolare si lascia già chiaramente identificare come interessante documento archeologico.

Gli studi condotti hanno evidenziato che si tratta di un recinto del diametro di 25 m, con muri di pietra calcarea sovrapposta a secco per uno spessore di circa 4 m e con un’altezza presumibile di 7/8 m sul lato orientale si allungano due muri ad emiciclo con un caratteristico andamento a tenaglia. L’accesso al recinto, largo circa due metri, si apre a destra in direzione della necropoli, cui forse era congiunto da una strada lastricata ancora in parte visibile.

Castel di Fiori: Abbazia dell’Acqua Alta

Quello che resta dell’abazia di Acqua Alta è uno dei manufatti più antichi del territorio montegabbionese.

Si ipotizza, senza nessun riscontro archivistico, che sia stata eretta nel X secolo durante un periodo di rinascita cattolica. Di seguito alcune informazioni recuperate dalla bibliografia storica dei nostri territori.

Nel 1139 Bernardino rinunciò all’abate di San Pietro di Acqua Alta la riconsegna di tutte le cose ingiustamente sottratte.

Scrive così l’Ughelli:
Si vedono fino ad’hoggi le vestigia di questa Badia [San Pietro di Acqualta] alle radici di Castel di Fiore .. Credesi da alcuni, che la Chiesa di San Lorenzo di Monte Giove fusse edificata da questo Conte Bernardino. [1]

È il 13 luglio 1350 . Un piccolo esercito di cavalieri e fanti, uno per ogni famiglia, armato per distruggere, muove dalla città di Orvieto verso nord-ovest: questo è il volere dei saggi che la governano:
” …Che il castello di Brandetto, nel quale lo stesso Bulgaro si ritirò per compiere i suoi malefici, sia distrutto, così che non possa più, né lui un altro esservi accolto. Lo stesso sistema sia tenuto per il castello di Acqualta, che, senza che il comune di Orvieto lo sapesse, cinto di mura e costruito di nuovo, si chiama Casteldifiore: si debba trattare come il Brandeto.” [2]

1380 “Venne in questo tempo in Orvieto Messer Giovannuzzo degl’Ubaldini con 200 cavalli et 200 fanti et noi lo sostenemmo qualche mese di denari e vettovaglie et si fece in questi tempi molti danni alli Mufatti nelli luoghi loro et si prese Castel di Fiore con la Badia di Acqua Alta.” [3]. Il testo Il castello di Monte Giove de Montanea del 1925 di Simoni nomina la Badia molte volte e porta l’esistenza di tale luogo di culto alla seconda metà del 1200 sotto Bernardino proprietario del castello di Montegiove. Infatti Bernardino nel 1292 possedeva terre presso l’abbazia di Acqua Alta [4] e fu sempre da la famiglia dei conti di Marsciano privilegiata come Abbazia di famiglia. Risulta però dal testo di Ferdinando Ughelli che Bernardo detto Bernardino di Bulgarelli nel 1139 restituì all’Abbazia dell’Acqua Alta alcuni beni di cui si era indebitamente impossessato.

Dal 596, Orvieto, fu occupata dai Longobardi di Agilulfo [5] e, in seguito, nel contesto della rinascita religiosa voluta da Ottone III [6], vennero promosse le costruzioni di abbazie e monasteri su tutto il territorio circostante. Periodo in cui probabilmente sorse l’Abbazia di San Pietro d’Acqua Alta (Aqualta) in Castel di Fiori.
Oggi, i pochi ruderi rimasti, sono interamente ricoperti dalla vegetazione.

 

Castel di Fiori: San Michele Arcangelo

La scultura è una copia del San Michele collocato in un’edicola sopra il portale del Santuario al Gargano, a sua volta ispirato alla statua della grotta del luogo sacro, fatta realizzare per volontà di Ferdinando il Cattolico che, nel 1507. L’Arcangelo di Castel di Fiori, come quello pugliese, è l’Angelo guerriero con il braccio destro alzato in atto di colpire con la spada, oggi distrutta, il demonio che trattiene a terra con il piede sinistro.

Sulla parte inferiore del piedistalli corre la data 1937 e la scritta:

QUIS/UT/[DEU]S/

SANCTE MICHAEL/

ARCANGELE DEFENDE/

NON SIN PROELIO/

UT NON TE PE[REA]MUS/

IN T[R]EMENDO IUDICIO

Si tratta della formula ridotta della preghiera a San Michele istituita da papa Leone XIII (1878-1903) come prologo all’esorcismo contro Satana e gli angeli ribelli, inclusa nel Rituale Romanum del 1903, che doveva essere recitata al termine della messa dopo una preghiera alla Madonna.

Sulla parte posteriore sono incisi il materiale,

ROCCIA MONTESANTANGELO,

e il nome dell’artista,

PERLA MICHELE SCULTORE.

Michele Perla, morto negli anno ’80 del XX secolo, è l’ultimo degli “statuari” o “sammichelari”, artisti dell’immagine del Santo che ebbero il privilegio da parte di Ferdinando I d’Aragona nel 1475 di essere i soli a poter scolpire in tutto il Regno di Napoli le statue dell’Arcangelo.

Castel di Fiori: Chiesa di Sant’Antonio

Ormai ridotta a rudere, la chiesa di Sant’Antonio Abate è situata al di fuori delle mura del borgo vicino al cimitero.

Fu fatta costruire come cappella privata dai Conti di Marsciano, che dal XIII secolo divennero signori di Castel di Fiori e degli altri castelli limitrofi come quelli di Montegiove, Parrano e Carnaiola.

Rimase in uso per oltre 150 anni finché la famiglia abbandonò il borgo.

Caduta in disuso venne sconsacrata nella metà del XIX secolo per lo stato deplorevole in cui si trovava.

Castel di Fiori: Santa Maria Maddalena

La Chiesa di Santa Maria Maddalena ad oggi non si sa quando venne costruita ma si ipotizza tra il XVII e il XVIII secolo, probabilmente sulle rovine dell’antica chiesa castellana.

La chiesa intitolata a Santa Maria Maddalena Penitente si trova all’interno delle mura di Castel di Fiori ed è stata una frequentata pieve rurale fino all’esodo dalle campagne che ha fatto seguito al secondo dopoguerra. Si tratta di un edificio costruito in pietra, a navata unica, coperta a falde sorrette da capriate lignee, separata con un arco di trionfo in mattoni dal presbiterio, sollevato su un gradino semicircolare; l’abside è coperta con botte di laterizi in foglio a vista; nella nicchia sulla parete di fondo campeggia un dipinto murale mariano; altri elementi degni di nota sono la cantoria lignea sul prospetto di controfacciata e l’edicoletta di Santa Teresina lungo la parete sinistra.

Castel di Fiori: Il borgo

L’incantevole borgo di Castel di Fiori conta una popolazione residente di qualche decina di persone alle quali si aggiungono, nella stagione estiva e nelle altre festività, numerose famiglie italiane e straniere.

Sapientemente ristrutturato il borgo ha mantenuto intatto il fascino medievale.

E’ cinto da mura con la presenza dominante del Castello (oggi in stato di rudere) e la Torre medievale.

Nella graziosa piazzetta centrale si fronteggiano il Palazzo Baronale del borgo e la Chiesa di Santa Maria Maddalena. Vari ritrovamenti archeologici nella zona, tra cui la necropoli di Poggio della Croce riconducibile ad un primo utilizzo nell’età del Bronzo protrattosi fino al VI-VII secolo d.C., testimoniano l’utilizzo della zona intorno al colle di Castel di Fiori già da epoca remota.

 

La prima notizia certa di Castel di Fiori è quella riportata nell’Ephemerides urbevetanae a cura di Luigi Fumi:

de castro acquae altae, quod praeter conscientiam urbevetani Communis, murature t aedificatur norite et vocatur Castrum Florae

(il Castello di Acqualta che, per decisione del Comune di Orvieto, sia costruito ed edificato di nuovo e sia chiamato Castello di Fiore).

Prima si chiamava Villa Acqua Alta dal nome dell’abazia di Acqua Alta ormai distrutta che sorgeva probabilmente alle pendici del colle di Castel di Fiori.

Il 13 luglio del 1350 il Castello di Castel di Fiori venne attaccato da un piccolo esercito di cavalieri e fanti, uno per ogni famiglia orvietana, armato per distruggere, mosse dalla città di Orvieto verso nord-ovest: questo era il volere dei saggi orvietani:

” …Che il castello di Brandetto, nel quale lo stesso Bulgaro si ritirò per compiere i suoi malefici, sia distrutto, così che non possa più, né lui un altro esservi accolto. Lo stesso sistema sia tenuto per il castello di Acqualta, che, senza che il comune di Orvieto lo sapesse, cinto di mura e costruito di nuovo, si chiama Casteldifiore: si debba trattare come il Brandeto”.

 

Nel 1380 il castello fu oggetto di contesa tra i Montemarte, i Monaldeschi della Vipera da una parte e i Monaldeschi della Cervara dall’altra. Agli albori del 1200 sono due le famiglie emergenti sul territorio orvietano: i Monaldeschi e Filippeschi; i primi sostenitori del papa, i secondi dell’impero. Gli strapotenti Monaldeschi vennero però in discordia tra loro e si suddivisero in quattro famiglie: Della Cervara, Dell’Aquila, Del Cane e Della Vipera riunite poi in due fazioni, dei Buffati e dei Malcorini, i cui nomi vennero poi convertiti in Muffati e Melcorini; questi ultimi seguaci del Papa, i primi dell’Imperatore. Il castello fu anche di possesso del famoso capitano di ventura il Gattamelata che a metà ‘400 possedeva anche il casello di Montegiove. In data non precisa il castello passò di proprietà alla famiglia del condottiero e per via ereditaria a Todeschina Gattamelata, sua figlia. Questa sposò il Antonio Bulgarelli Conte di Marsciano (1429-1483), e dal matrimonio nacquero tre figli Lodovico, 13 giugno 1471, Antonio [2] e Ranuccio. Seguita la divisione dei beni fraterni dei conti di Marsciano, Lodovico venne in possesso del castello di “fiore” e così, per via femminile, il Castel di Fiori ritornò agli antichi proprietari. I Conti di Marsciano mantennero la proprietà anche dopo il passaggio, alla fine del XVI secolo, allo Stato Pontificio. Da ultima si insediò la Famiglia Marocchi fino a poco dopo la guerra quando l’ultima erede “La Signorina” lasciò il patrimonio alla Chiesa che venne suddiviso ed acquistato d a privati. La storia moderna ha visto Castel di Fiori seguire le sorti di Montegabbione da cui dipendeva.

 

La sua comunità, almeno nel XVIII, secolo aveva il suo consiglio per la gestione del forno, del macello, il versamento delle imposte feudali da versare al Comune di Orvieto che ne vantava la giurisdizione. Con il motu proprio di Pio VII del 1816 il Comune di Orvieto rinunciò ai diritti feudali sul Feudo di Montegabbione e quindi sul borgo di Castel di Fiori.

Faiolo: Chiesa Santa Maria delle Rose


A Santa Maria delle Rose è intitolata l’antica chiesa di Faiolo, di bella fattura, costruita ad intravatura con cavalloni.

Nel secolo scorso il patronato della chiesa era affidato alla famiglia Caravaggi ed annessi alla stessa erano due piccoli appezzamenti di terreno.

All’interno v’è un solo altare sovrastato dall’affresco di una Madonna. Sulla destra, appena fuori dell’abside, v’è un altro affresco mariano che si può far risalire al secolo XV.

Montegabbione: Madonna del Carmine

La Chiesa della Madonna del Carmine, oggi sconsacrata, sorge sulla piana di Faiolo.
Vi era annesso alla chiesa un eremo, e all’Eremita era affidata la custodia del tempio e la cura di tre piccoli appezzamenti di terra che erano beneficio della chiesa.

Essa fu meta di pellegrinaggi. Si ricorda che S. Benedetto Giuseppe Labre (morto nel 1783) vi si fermò più volte come pellegrino e fu ospite dell’eremita fra’ Francesco da Ficulle; il 16 Aprile 1783, nottetempo, fra’ Francesco si vide comparire il suo amico che si recò subito in chiesa passando dalla scala interna.

L’eremita preparò un po’ di cena per l’ospite, e non vedendolo tornare andò a cercarlo: ma la chiesa era vuota e le porte serrate dall’interno. Lo stupore fu grande, ma aumentò nei giorni seguenti quando si venne a sapere che Giuseppe Labre era morto a Roma proprio in quella stessa sera.

 

Montegabbione: Sant’Anna


La Cappella di Sant’Anna fu eretta a metà del XIX.

Il pievano Don Luigi Galli nel 1886 scrisse: “questa Cappellina abbandonata e quasi cadente fu restaurata per cura del Pievano Galli nel 1861.”

Vi è un piccolo quadro in tela rappresentante S. Anna, in mediocre stato.

Nel 1879  vi fu fatto costruire l’altare, e per facoltà ottenuta da Mons. Briganti Vescovo Diocesano veniva  benedetta il giorno 26 luglio.

Vi si celebra la S. Messa tutti gli anni nel giorno di S. Anna, e nella sera vi si fa analoga funzione.

L’altare fino ad ora è mancante e sprovvisto di tutto l’occorrente necessario. Successivamente la cappella di Sant’Anna subì le incurie del tempo tanto che una ventina di anni dopo il nuovo parroco di Montegabbione, Don Policarpo Baldini, dovette restaurarla nuovamente.

All’inizio del 1985 ci fu un ultimo sostanziale restauro integrale, compresa la torretta campanaria ed il tetto.

L’opera, una donazione, fu portata a termine da Antonio Montagnolo, Giuseppe Montagnolo e Mechelli Edoardo. Il giorno di S. Anna dello stesso anno, nell’ ambito della festa della terza età, vi fu celebrato il battesimo di un bambino di Montegabbione.