Castel di Fiori: Il borgo

L’incantevole borgo di Castel di Fiori conta una popolazione residente di qualche decina di persone alle quali si aggiungono, nella stagione estiva e nelle altre festività, numerose famiglie italiane e straniere.

Sapientemente ristrutturato il borgo ha mantenuto intatto il fascino medievale.

E’ cinto da mura con la presenza dominante del Castello (oggi in stato di rudere) e la Torre medievale.

Nella graziosa piazzetta centrale si fronteggiano il Palazzo Baronale del borgo e la Chiesa di Santa Maria Maddalena. Vari ritrovamenti archeologici nella zona, tra cui la necropoli di Poggio della Croce riconducibile ad un primo utilizzo nell’età del Bronzo protrattosi fino al VI-VII secolo d.C., testimoniano l’utilizzo della zona intorno al colle di Castel di Fiori già da epoca remota.

 

La prima notizia certa di Castel di Fiori è quella riportata nell’Ephemerides urbevetanae a cura di Luigi Fumi:

de castro acquae altae, quod praeter conscientiam urbevetani Communis, murature t aedificatur norite et vocatur Castrum Florae

(il Castello di Acqualta che, per decisione del Comune di Orvieto, sia costruito ed edificato di nuovo e sia chiamato Castello di Fiore).

Prima si chiamava Villa Acqua Alta dal nome dell’abazia di Acqua Alta ormai distrutta che sorgeva probabilmente alle pendici del colle di Castel di Fiori.

Il 13 luglio del 1350 il Castello di Castel di Fiori venne attaccato da un piccolo esercito di cavalieri e fanti, uno per ogni famiglia orvietana, armato per distruggere, mosse dalla città di Orvieto verso nord-ovest: questo era il volere dei saggi orvietani:

” …Che il castello di Brandetto, nel quale lo stesso Bulgaro si ritirò per compiere i suoi malefici, sia distrutto, così che non possa più, né lui un altro esservi accolto. Lo stesso sistema sia tenuto per il castello di Acqualta, che, senza che il comune di Orvieto lo sapesse, cinto di mura e costruito di nuovo, si chiama Casteldifiore: si debba trattare come il Brandeto”.

 

Nel 1380 il castello fu oggetto di contesa tra i Montemarte, i Monaldeschi della Vipera da una parte e i Monaldeschi della Cervara dall’altra. Agli albori del 1200 sono due le famiglie emergenti sul territorio orvietano: i Monaldeschi e Filippeschi; i primi sostenitori del papa, i secondi dell’impero. Gli strapotenti Monaldeschi vennero però in discordia tra loro e si suddivisero in quattro famiglie: Della Cervara, Dell’Aquila, Del Cane e Della Vipera riunite poi in due fazioni, dei Buffati e dei Malcorini, i cui nomi vennero poi convertiti in Muffati e Melcorini; questi ultimi seguaci del Papa, i primi dell’Imperatore. Il castello fu anche di possesso del famoso capitano di ventura il Gattamelata che a metà ‘400 possedeva anche il casello di Montegiove. In data non precisa il castello passò di proprietà alla famiglia del condottiero e per via ereditaria a Todeschina Gattamelata, sua figlia. Questa sposò il Antonio Bulgarelli Conte di Marsciano (1429-1483), e dal matrimonio nacquero tre figli Lodovico, 13 giugno 1471, Antonio [2] e Ranuccio. Seguita la divisione dei beni fraterni dei conti di Marsciano, Lodovico venne in possesso del castello di “fiore” e così, per via femminile, il Castel di Fiori ritornò agli antichi proprietari. I Conti di Marsciano mantennero la proprietà anche dopo il passaggio, alla fine del XVI secolo, allo Stato Pontificio. Da ultima si insediò la Famiglia Marocchi fino a poco dopo la guerra quando l’ultima erede “La Signorina” lasciò il patrimonio alla Chiesa che venne suddiviso ed acquistato d a privati. La storia moderna ha visto Castel di Fiori seguire le sorti di Montegabbione da cui dipendeva.

 

La sua comunità, almeno nel XVIII, secolo aveva il suo consiglio per la gestione del forno, del macello, il versamento delle imposte feudali da versare al Comune di Orvieto che ne vantava la giurisdizione. Con il motu proprio di Pio VII del 1816 il Comune di Orvieto rinunciò ai diritti feudali sul Feudo di Montegabbione e quindi sul borgo di Castel di Fiori.