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Castel di Fiori: le cascate e i “borgoni”

A poche centinaia di metri sotto Castel di Fiori, incamminandosi nella strada bianca che porta a Cerqueto , e poi  entrando nel bosco, si arriva nel punto  dove un torrente, che nasce da una fonte nei pressi di Castel di Fiori, si immette nel torrente “Sorre”.

Lo spettacolo è garantito.

Il percorso si snoda per circa 300 metri nel bosco, su un percorso facilmente percorribile camminando, fino a raggiungere un punto segnato da una freccia.

Da qui si deve scendere lungo il pendio seguendo un piccolo sentiero indicato da frecce e corde (attenzione, potrebbe essere scivoloso).

 

Si arriva quindi alla prima cascata:

Si rimane colpiti senza dubbio dal colore azzurro delle acque e dal generale clima di serenità offerto dal posto.

E’ possibile quindi sostare ai bordi delle “vasche” che si sono formate tra una cascata e l’altra, oppure procedere oltre facendo un piccolo guado, avendo cura di camminare sulle rocce che affiorano.

Risalendo il pendio dall’altra parte del torrente si possono vedere dall’alto queste “vasche” e poi proseguire verso il vecchio mulino, ormai ridotto ad un rudere coperto da edere.

 

Superato il vecchio mulino si arriva dopo pochi passi a delle piscine naturali, chiamate “Borgoni”, noti anche come “Salto delle Pecore”.

 

 

 

Da qui è possibile poi proseguire il sentiero per risalire il pendio e ritrovarsi lungo un sentiero e ritornare nelle vicinanze del punto in cui è cominciata la discesa (il segnale con la freccia).

 

A seguire la mappa del percorso, che partendo dalla Porta di Castel di FIori, porta alle cascate e da qui si sviluppa in un itinerario che prevede la discesa del pendio nel bosco, un guado sotto alla cascata non impegnativo (ma che comunque vi farà bagnare un pò i piedi), il passaggio nelle vicinanze del vecchio mulino e dei “borgoni” e la risalita verso la strada.

Vista la ripidità di alcuni tratti del sentiero, visto la possibile umidità del sottobosco e considerato anche il guado su rocce ovviamente bagnate, è necessario munirsi di calzature adeguate

Total distance: 3649 m
Max elevation: 532 m
Min elevation: 403 m
Total climbing: 258 m
Download file: Cascate_castel_di_fiori_n.gpx

Castel di Fiori: San Michele Arcangelo

La scultura è una copia del San Michele collocato in un’edicola sopra il portale del Santuario al Gargano, a sua volta ispirato alla statua della grotta del luogo sacro, fatta realizzare per volontà di Ferdinando il Cattolico che, nel 1507. L’Arcangelo di Castel di Fiori, come quello pugliese, è l’Angelo guerriero con il braccio destro alzato in atto di colpire con la spada, oggi distrutta, il demonio che trattiene a terra con il piede sinistro.

Sulla parte inferiore del piedistalli corre la data 1937 e la scritta:

QUIS/UT/[DEU]S/

SANCTE MICHAEL/

ARCANGELE DEFENDE/

NON SIN PROELIO/

UT NON TE PE[REA]MUS/

IN T[R]EMENDO IUDICIO

Si tratta della formula ridotta della preghiera a San Michele istituita da papa Leone XIII (1878-1903) come prologo all’esorcismo contro Satana e gli angeli ribelli, inclusa nel Rituale Romanum del 1903, che doveva essere recitata al termine della messa dopo una preghiera alla Madonna.

Sulla parte posteriore sono incisi il materiale,

ROCCIA MONTESANTANGELO,

e il nome dell’artista,

PERLA MICHELE SCULTORE.

Michele Perla, morto negli anno ’80 del XX secolo, è l’ultimo degli “statuari” o “sammichelari”, artisti dell’immagine del Santo che ebbero il privilegio da parte di Ferdinando I d’Aragona nel 1475 di essere i soli a poter scolpire in tutto il Regno di Napoli le statue dell’Arcangelo.

Castel di Fiori: Santa Maria Maddalena

La Chiesa di Santa Maria Maddalena ad oggi non si sa quando venne costruita ma si ipotizza tra il XVII e il XVIII secolo, probabilmente sulle rovine dell’antica chiesa castellana.

La chiesa intitolata a Santa Maria Maddalena Penitente si trova all’interno delle mura di Castel di Fiori ed è stata una frequentata pieve rurale fino all’esodo dalle campagne che ha fatto seguito al secondo dopoguerra. Si tratta di un edificio costruito in pietra, a navata unica, coperta a falde sorrette da capriate lignee, separata con un arco di trionfo in mattoni dal presbiterio, sollevato su un gradino semicircolare; l’abside è coperta con botte di laterizi in foglio a vista; nella nicchia sulla parete di fondo campeggia un dipinto murale mariano; altri elementi degni di nota sono la cantoria lignea sul prospetto di controfacciata e l’edicoletta di Santa Teresina lungo la parete sinistra.

Castel di Fiori: Il borgo

L’incantevole borgo di Castel di Fiori conta una popolazione residente di qualche decina di persone alle quali si aggiungono, nella stagione estiva e nelle altre festività, numerose famiglie italiane e straniere.

Sapientemente ristrutturato il borgo ha mantenuto intatto il fascino medievale.

E’ cinto da mura con la presenza dominante del Castello (oggi in stato di rudere) e la Torre medievale.

Nella graziosa piazzetta centrale si fronteggiano il Palazzo Baronale del borgo e la Chiesa di Santa Maria Maddalena. Vari ritrovamenti archeologici nella zona, tra cui la necropoli di Poggio della Croce riconducibile ad un primo utilizzo nell’età del Bronzo protrattosi fino al VI-VII secolo d.C., testimoniano l’utilizzo della zona intorno al colle di Castel di Fiori già da epoca remota.

 

La prima notizia certa di Castel di Fiori è quella riportata nell’Ephemerides urbevetanae a cura di Luigi Fumi:

de castro acquae altae, quod praeter conscientiam urbevetani Communis, murature t aedificatur norite et vocatur Castrum Florae

(il Castello di Acqualta che, per decisione del Comune di Orvieto, sia costruito ed edificato di nuovo e sia chiamato Castello di Fiore).

Prima si chiamava Villa Acqua Alta dal nome dell’abazia di Acqua Alta ormai distrutta che sorgeva probabilmente alle pendici del colle di Castel di Fiori.

Il 13 luglio del 1350 il Castello di Castel di Fiori venne attaccato da un piccolo esercito di cavalieri e fanti, uno per ogni famiglia orvietana, armato per distruggere, mosse dalla città di Orvieto verso nord-ovest: questo era il volere dei saggi orvietani:

” …Che il castello di Brandetto, nel quale lo stesso Bulgaro si ritirò per compiere i suoi malefici, sia distrutto, così che non possa più, né lui un altro esservi accolto. Lo stesso sistema sia tenuto per il castello di Acqualta, che, senza che il comune di Orvieto lo sapesse, cinto di mura e costruito di nuovo, si chiama Casteldifiore: si debba trattare come il Brandeto”.

 

Nel 1380 il castello fu oggetto di contesa tra i Montemarte, i Monaldeschi della Vipera da una parte e i Monaldeschi della Cervara dall’altra. Agli albori del 1200 sono due le famiglie emergenti sul territorio orvietano: i Monaldeschi e Filippeschi; i primi sostenitori del papa, i secondi dell’impero. Gli strapotenti Monaldeschi vennero però in discordia tra loro e si suddivisero in quattro famiglie: Della Cervara, Dell’Aquila, Del Cane e Della Vipera riunite poi in due fazioni, dei Buffati e dei Malcorini, i cui nomi vennero poi convertiti in Muffati e Melcorini; questi ultimi seguaci del Papa, i primi dell’Imperatore. Il castello fu anche di possesso del famoso capitano di ventura il Gattamelata che a metà ‘400 possedeva anche il casello di Montegiove. In data non precisa il castello passò di proprietà alla famiglia del condottiero e per via ereditaria a Todeschina Gattamelata, sua figlia. Questa sposò il Antonio Bulgarelli Conte di Marsciano (1429-1483), e dal matrimonio nacquero tre figli Lodovico, 13 giugno 1471, Antonio [2] e Ranuccio. Seguita la divisione dei beni fraterni dei conti di Marsciano, Lodovico venne in possesso del castello di “fiore” e così, per via femminile, il Castel di Fiori ritornò agli antichi proprietari. I Conti di Marsciano mantennero la proprietà anche dopo il passaggio, alla fine del XVI secolo, allo Stato Pontificio. Da ultima si insediò la Famiglia Marocchi fino a poco dopo la guerra quando l’ultima erede “La Signorina” lasciò il patrimonio alla Chiesa che venne suddiviso ed acquistato d a privati. La storia moderna ha visto Castel di Fiori seguire le sorti di Montegabbione da cui dipendeva.

 

La sua comunità, almeno nel XVIII, secolo aveva il suo consiglio per la gestione del forno, del macello, il versamento delle imposte feudali da versare al Comune di Orvieto che ne vantava la giurisdizione. Con il motu proprio di Pio VII del 1816 il Comune di Orvieto rinunciò ai diritti feudali sul Feudo di Montegabbione e quindi sul borgo di Castel di Fiori.