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Castel di Fiori: le cascate e i “borgoni”

A poche centinaia di metri sotto Castel di Fiori, incamminandosi nella strada bianca che porta a Cerqueto , e poi  entrando nel bosco, si arriva nel punto  dove un torrente, che nasce da una fonte nei pressi di Castel di Fiori, si immette nel torrente “Sorre”.

Lo spettacolo è garantito.

Il percorso si snoda per circa 300 metri nel bosco, su un percorso facilmente percorribile camminando, fino a raggiungere un punto segnato da una freccia.

Da qui si deve scendere lungo il pendio seguendo un piccolo sentiero indicato da frecce e corde (attenzione, potrebbe essere scivoloso).

 

Si arriva quindi alla prima cascata:

Si rimane colpiti senza dubbio dal colore azzurro delle acque e dal generale clima di serenità offerto dal posto.

E’ possibile quindi sostare ai bordi delle “vasche” che si sono formate tra una cascata e l’altra, oppure procedere oltre facendo un piccolo guado, avendo cura di camminare sulle rocce che affiorano.

Risalendo il pendio dall’altra parte del torrente si possono vedere dall’alto queste “vasche” e poi proseguire verso il vecchio mulino, ormai ridotto ad un rudere coperto da edere.

 

Superato il vecchio mulino si arriva dopo pochi passi a delle piscine naturali, chiamate “Borgoni”, noti anche come “Salto delle Pecore”.

 

 

 

Da qui è possibile poi proseguire il sentiero per risalire il pendio e ritrovarsi lungo un sentiero e ritornare nelle vicinanze del punto in cui è cominciata la discesa (il segnale con la freccia).

 

A seguire la mappa del percorso, che partendo dalla Porta di Castel di FIori, porta alle cascate e da qui si sviluppa in un itinerario che prevede la discesa del pendio nel bosco, un guado sotto alla cascata non impegnativo (ma che comunque vi farà bagnare un pò i piedi), il passaggio nelle vicinanze del vecchio mulino e dei “borgoni” e la risalita verso la strada.

Vista la ripidità di alcuni tratti del sentiero, visto la possibile umidità del sottobosco e considerato anche il guado su rocce ovviamente bagnate, è necessario munirsi di calzature adeguate

Total distance: 3649 m
Max elevation: 532 m
Min elevation: 403 m
Total climbing: 258 m
Download file: Cascate_castel_di_fiori_n.gpx

Castel di Fiori: La Torre

La Torre di Castel di Fiori, fa parte del complesso del Castello, e si ipotizza risalga ai primi del 1200.

Essa, per la posizione ai confini dei territorio orvietano, sorse e venne utilizzata come torre di avvistamento anche perché probabilmente in origine la torre era molto più elevata, infatti, essa doveva avere altre due parti al disopra che andavano mano mano restringendosi verso l’alto, dalla più grande in basso alla più piccola in alto.

Un primo tentativo di restauro fu effettuato intorno al 1930, mentre un buon restauro conservativo, iniziato negl’anni ’80, restituisce al territorio il manufatto.

Rinnovo Consiglio Direttivo

Il consiglio direttivo della Pro Loco di Montegabbione convoca l’Assemblea dei soci per il giorno VENERDI 6 MAGGIO 2016 alle ore 20:00 in prima convocazione e alle ore 21:00 in seconda convocazione, presso la sala polivalente “Ottavio Gattavilla” del Comune di Montegabbione.

 

Gli ordini del giorno sono:

-Resoconto delle attività svolte nel 2015/2016

-Presentazione nuovo opuscolo turistico di Montegabbione

-Nomina del Consiglio-Revisori- Probiviri

-Varie ed eventuali

Prodotti Tipici

Il territorio del nostro comune, risulta storicamente vocato alla coltivazione della vite e dell’olivo, era la norma per ogni famiglia produrre il proprio vino ed il proprio olio. Le colline, il clima, il terreno, insieme alla tradizione sostenuta da conoscenze tecniche, permettono di degustare, prodotti di elevata qualità. L’olio caratterizzato da acidità molto bassa e dal sapore intenso, denota un buon contenuto di sostanze fenoliche, antiossidanti, proviene dalle cultivar Leccino, Frantoio e Moraiolo. Il vino, dai profumi accattivanti vede dominare il Sangiovese, accompagnato da Cabernet, Pinot Nero, per le varietà a bacca nera, mentre per quelle a bacca bianca troviamo il Trebbiano, il Sauvignon, il Grechetto.

Le aziende produttrici, saranno ben liete di accogliervi per una degustazione :

Lamberto Piselli, Olio Extravergine di Oliva. 335.493098

Società Agricola Marchino & C., Olio Extravergine di Oliva, 339.8010931

Paola Chiappini,Meson Nardì, Vin Olio Extravergine di Oliva, 338.8612024

Tenuta Corini, Olio Extravergine di Oliva e Vino, 331.7811366

Agriturismo Il Gattogiallo, Olio Extravergine di Oliva e Vino, 347.1045059

Casa Rondini, Olio Extravergine di Oliva e Vino, 349.8792728

Giannò Wolfgang, Olio Extravergine di Oliva, 339.1452091

Tenuta di Montegiove, Olio Extravergine di Oliva e Vino, 0763.837473

Società Agricola F.lli Pietrini Di Pietrini Giuseppe & C., Olio Extravergine di Oliva, 0763.837411

Tango Alexander, Vino, 339.7163173

Azienda Agricola Lorenzo Cecchetelli, Olio Extravergine di Oliva e Vino, 335.5837799

Montegiove: Madonna del Cammino

Sorge sul piede di Montegiove, al bivio di Greppolischieto. Già intitolata alla Visitazione di Maria, in stato di completo degrado e abbandono, è stata ripristinata sul finire di questo secondo millennio, per volontà e con il contributo della popolazione che qui tradizionalmente celebra il precetto pasquale.

Deve l’attuale titolo alla sua posizione sulla strada.

Montegiove : Chiesa di San Lorenzo

Scrive l’Ughelli Albero et istoria della famiglia de conti di Marsciano, Ferdinando Ughelli, 1667]: “ questo Bernardino nell’anno MCXXXIX rinuciò all’Abbate di S. Pietro in Acqualta tutte le cose ingiustamente da lui usurpategli. Si vedono fino ad’hoggi le vestigia di questa Badia alle radici di Castel di Fiore, che molti anni dopo, come si dirà, dalli successori di Bernardino fu edificato, & al presente dal Conte Lorenzo di Marsciano vien posseduto. Credesi da alcuni, che la chiesa di S. Lorenzo di Monte Giove fusse edificata da questo Conte Bernardino”.

Bernardino o Bernardo si può considerare come il capostipite della famiglia viene identificato come Bernardo di Bulgarello che nel 1118 per primo riceve in feudo dal Vescovo di Orvieto il castello di Parrano, primo insediamento umbro.

Da lì i suoi successori si diffondono gradualmente e rapidamente nella fascia fino a Marsciano, occupandone tutti i feudi interposti, tra cui Montegiove, formando così uno strategico “cuscino” tra i due potenti comuni di Orvieto e Perugia. Stando a quanto riporta l’Ugelli la chiesa di Montegiove dedicata a San Lorenzo venne edificata nella seconda metà del 1100 ad opera del conte Bernerdino della famiglia Bulgarelli.

Restaurata più volte serba le ultime tracce dell’antica origine nella bella porta a sesto acuto in alabastrina chiara e pietra scura con un grazioso meandrino a punta di diamante all’imposta dell’arco.

Fiancheggiata da una torre campanaria che l’Arch. Misciattelli all’inizio di questo secolo intonò molto bene allo stile primitivo della chiesa, fu restaurata nel 1951. Nel restauro è stato tenuto in debito risalto tutto quanto poteva rimanere dell’antica chiesa. Conservato gelosamente il portale, ripristinata l’abside e le cappelle di fondo, riaperta nella facciata una bifora in luogo dell’occhio di cui non restava nemmeno una pietra, aboliti i quattro ingombranti altari fatiscenti e senza interesse artistico. Non è stato possibile ritrovare i due archi a sesto acuto che costituivano la struttura dell’abside antica.

Montegiove: il Castello Medioevale

Il castello di Montegiove si erge su un colle boschivo nel cuore della verde Umbria, al confine tra Orvieto e Perugia ed è uno dei castelli più antichi della regione.

La sua costruzione risale al periodo medioevale delle città stato (XII secolo) ed è stato conservato con cura e attenzione, rappresentando oggi uno dei migliori esempi di fortezze preservate dell’epoca. Immerso nella rigogliosa natura Umbra, Il castello gode di una vista favolosa sulla campagna circostante, pur trovandosi a breve distanza da Roma e Firenze.

Il castello deve il suo nome all’esistenza di un tempio romano dedicato a “Iuppiter elicius” confermata dal rinvenimento di due teste votive in terracotta della divinità e venne eretto intorno al 1280 ad opera della Famiglia Bulgarelli, conti di Parrano e Marsciano.

Nel corso dei secoli la proprietà del castello passò per diverse mani, divenendo tra l’altro dimora della Beata Angelina, dei Monadelschi della Vipera – citati nel Purgatorio Dantesco – e del celebre condottiero Gattamelata.

Dal 1780 appartiene alla Famiglia Misciattelli Mocenigo Soranzo che unificò l’antico feudo e la proprietà del castello, adattandolo a scopi agricoli. Alla fine del diciannovesimo secolo venne iniziato il restauro, con criteri ottocenteschi, per trasformarlo in residenza abitativa. Oggi il castello di Montegiove, dopo i restauri, si presenta molto ben conservato: massiccio, severo, con mura e fossato, torre angolare circolare e rivelino. Sopra la porta d’ingresso al castello è collocato lo stemma gentilizio della famiglia Misciattelli all’interno si apre un vasto cortile con pozzo centrale, il palazzo è merlato alla guelfa e vi è una cappella dedicata alla beata Angelina.

Il territorio circostante al castello di proprietà della famiglia Misciattelli Mocenigo Soranzo è ricco di numerosi ettari di vigneti, oliveti campo d’orzo e boschi cedui, che producono prodotti di ottima qualità. Ad esempio l’Orvietano Rosso un vino DOC (comprensorio Orvietano) la cui produzione è consentita nella provincia di Terni , l’IGT Umbria Rosso e l’olio extravergine d’oliva DOP (Colli Orvietani).

La Scarzuola

Affresco che ritrae San Francesco che costruisce una capanna di ScarzaIl Convento

Nel sec. XIII, in un crocicchio, esisteva una nicchia o maestà, nella quale era dipinta una scarna Crocifissione.

Di questa pittura oggi rimane la sinopia, che esperti hanno datato agli inizi del 1200. Una pia tradizione vuole che nel 1218, S. Francesco d’Assisi, transitando da quelle parti e trovando il luogo adatto alla solitudine, vi costruisse una capanna di scarsa ( scarza) .

La tradizione ha tramandato anche dell’esistenza di una sorgente d’acqua fatta da lui scaturire miracolosamente. Sul posto della capanna, Nerio di Bulgaruccio dei Conti di Montegiove fece erigere, nel 1282, una chiesa con oratorio, di modeste dimensioni, a forma ottagonale.

 

La chiesa fu denominata della Scarzola e venne affidata ai frati Minori, che l’ampliarono dedicandola alla SS. ma Annunziata e annesso alla chiesa eressero un capace Convento. Sotto questa chiesa furono sepolti: il conte Nerio (1290), molti dei suoi discendenti, ed anche la figlia minore, Todeschina (1428), del capitano di Ventura Erasmo da Narni detto il Gattamelata e la sposa di Ranuccio dei conti di Marsciano.

 

La città ideale di Buzzi.

 

Dal 1958 al 1978, l’architetto progettò e costruì, nella valletta dietro al convento, una grande scenografia teatrale che egli definì “un’antologia in pietra”, rimasta volontariamente incompiuta, che permise il recupero di esperienze visive del passato: Villa Adriana per la palestra, piscina, terme eccetera, Villa d’Este (Tivoli) per la Rometta dell’architetto-archeologo Pirro Ligorio, i sette edifici nell’Acropoli (Partenone, Colosseo, Pantheon, Piramide, Torre dei venti, Tempio di Vesta, Torre campanaria); Bomarzo per l’effetto di gioco e meraviglia (barca, Pegaso, mostro).

Solo in funzione teatrale sono pienamente legittimate le costruzioni fuori tempo, le false rovine, le città ideali. L’aggancio in tema di scenografia è quello di modelli rinascimentali di Andrea Palladio, Vincenzo Scamozzi e Sebastiano Serlio.

Il complesso si sviluppa dentro una spirale formata dai pergolati. All’interno di questi vi è un asse verticale che dalla statua scheletrica del Pegaso, attraverso un sistema di terrazzamenti, conduce a un anfiteatro, al teatro agnostico, al teatro erboso, per finire alla torre colonna rotta e a un asse orizzontale delimitato a sinistra dal teatro delle api, al centro dal palcoscenico con labirinto musicale, e a destra dalla città Buzziana con al culmine l’Acropoli.

Una contraddittoria relazione di tipo iniziatico viene a stabilirsi tra l’antico convento e le intellettualistiche fabbriche del teatro, sovraccariche di simboli e segreti, di riferimenti e di citazioni: dalle allusioni a divinità sia pagane sia cristiane, ai ricordi delle Ville di Plinio, al “AB OLIMPO” di Montagna, al Polifilo di Frate Colonna, alle idee non concretate di Francesco Borromini e Filarete. Lo stile che meglio interpreta l’ansia di licenza di Buzzi è il neo-manierismo che egli identifica anche nell’uso di scale e scalette in tutte le dimensioni, allungamenti di membrature architettoniche, varietà di modi alla rustica, un po’ di mostri, volute sproporzioni di alcune parti, statue verdi all’Arcimboldi, affastellamento di edifici, di monumenti, un che di labirintico che arriva a un certo surrealismo, di evocativo, di sinuoso, di antropomorfico, di geometrico, astronomico, magico.

La Scarzuola è visitabile, in piccoli gruppi prenotando al numero 0763.837463